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Posts Tagged ‘repressione in Cina’

156 morti (“ufficiali”….), 1103 feriti, 1500 arrestati: questo è il bilancio provvisorio delle proteste di piazza degli uiguri, i musulmani turcofoni del Xinjiang, schiacciati nel sangue dalla polizia cinese da domenica 5 luglio. E di chi è la colpa? Della “complottista” Rebiya Kadeer, naturalmente. E’ lei, la leader in esilio (negli Usa) della dissidenza uigura, la responsabile di tutto…Almeno, questa è la versione dei fatti che si legge sul quotidiano della Repubblica Popolare China Daily, che sottolinea: «l’obiettivo più importante per la Cina è la stabilità». Parola del presidente Hu Jintao, che per seguire la situazione in Xinjiang ha abbandonato – con un gesto clamoroso – il vertice del G8. E se poi alla stabilità si deve sacrificare tutto –  vite umane, diritti umani – pazienza. Gli uiguri del Xinjiang chiedono autonomia e rispetto della propria identità: sono etnicamente diversi dagli Han (l’etnia largamente maggioritaria in Cina) e sul piano religioso seguono un islam che non ha niente a che fare – per ora – con il fondamentalismo e il radicalismo. Ma in Cina la parola d’ordine è una sola: ordine, appunto. E pena di morte per i “rivoltosi”….
L’ossessione cinese per l’ordine (che l’ideologia del regime esprime più graziosamente nell’ideale della “società armoniosa”)  a volte finisce per avere risvolti grotteschi, come nel caso del video sulla città di Urumqi (teatro degli scontri) presentato dalla Beijing Review e intitolato «Urumqi Citizens Support Traffic Control».
Lasciando perdere la paradossale retorica del regime, rimando chi voglia un’analisi seria della situazione in Xinjiang e della questione uigura al blog del mio amico Piero Verni che fa un quadro storico, sociale e politico della situazione, esaminandone vari retroscena.
Un’ultima annotazione: in un editoriale del Corriere della Sera del 9 luglio, Franco Venturini conclude con una considerazione sui Signori della Terra riuniti nel G8 all’Aquila: «Sui 160 ammazzati dello Xinjiang non era il caso di dire una parola? Dimenticavo, anche se è partito, Hu Jintao pesa». Bravo Venturini!

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Tienanmen

20 anni fa un ragazzo solo, “armato” di un sacchetto della spesa, si piantò in mezzo alla strada, in piedi davanti a una fila di carri armati, per bloccarli. E per un po’ ci riuscì. 20 anni fa, decine di migliaia di studenti cinesi occuparono piazza Tienanmen – la piazza più grande di Pechino e dell’Asia, sovrastata dal ritratto di Mao Zedong – per chiedere democrazia e libertà, finché  i carri armati e l’esercito del loro stesso popolo li spazzarono via. 20 anni fa, il sogno di democrazia di una generazione di cinesi fu soffocato nel sangue. E chi non morì finì in prigione o nei campi di concentramento, i laogai.

20 anni dopo, Amnesty International denuncia le persecuzioni contro gli attivisti democratici che vogliono rompere la cappa del silenzio, per ricordare alla Cina il significato di quella grande occasione perduta. 20 anni dopo,  Human Rights Watch presenta un video con le immagini di quei giorni, perché anche i giovani di tutto il mondo possano vedere e capire cosa accadde a piazza Tienanmen, la piazza che da quella notte – fra il 3 e il 4 giugno 1989 –  non fu più la stessa. 20 anni dopo, la Cina del boom economico rinnega se stessa cancellando la propria storia e chi cerca di raccontarla: il governo cinese ha bloccato decine di blog e di siti, compresi Twitter e Flickr,  ostacolato una troupe della BBC e oscurato i siti di molti giornali occidentali, mentre sulla stampa cinese il ventesimo anniversario di Tienanmen semplicemente non esiste.
20 anni dopo, però, nella Cina dello sviluppo “selvaggio” crescono gli squilibri sociali e regionali, ma sopratutto restano irrisolte alcune fastidiose questioni secondarie: la mancanza di democrazia, i diritti umani calpestati, i prigionieri politici negli oltre 1400 laogai (fonte: Laogai Research Foundation – Italia). E l’occupazione del Tibet.

Per ragionare su “Questione tibetana e campi
di concentramento in Cina” si terrà lunedì laogai
8 giugno alle ore 21 a Verbania una tavola rotonda
(presso l’Hotel Il Chiostro) alla quale parteciperanno: Claudio Tecchio dell’Ufficio Internazionale Cisl Piemonte e coordinatore della Campagna di solidarietà con il popolo tibetano;  Francesca Romana Poleggi della sezione italiana della Laogai Research Foundation; Paolo Ferrante autore del libro Laogai, Tamding Choepel della Tibet Culture House e il Ven. Lama Jangchup Sopa medico tibetano in esilio.

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